L’abbazia ai piedi della Rocca: S. Maria di Cavour
Prima di tutto, il paese, antichissima zona di insediamento ligure e celtica (lo testimoniano le numerosissime
incisioni a coppella presenti sulla Rocca) e castrum romano di una certa rinomanza.
Rocca di Cavour vista dal lato sud
Di quel periodo, infatti, sono stati rinvenuti, già nel secolo scorso e più recentemente, svariati reperti di discreto interesse quali
anfore, lucerne, lacrimatoi e fibule. Spicca in particolare una bella stele funeraria con figura in bassorilievo,
recante l’iscrizione "Q. Mannius / Rufi E Ste / sibi et / Primo filio /T.E!". (Quinto Mannio Stellatine figlio
di Rufo, lasci" per testamento che venisse eretta questa tomba a sé e a suo figlio Primo). In quei tempi, dove
oggi sorge la bella fontana del 1828 presso la chiesa parrocchiale, esistevano a Cavour dei bagni termali e,
probabilmente, anche un tempio dedicato alla dea Drusilla (ovvero ad Asprilla flaminica) sorella di Caligola che,
come afferma Tacito, era stata divinizzata dall’imperatore stesso.
Rilevanza ancora maggiore dei reperti di origine romana rivestono le testimonianze di epoca medioevale ancora
presenti sul territorio. Fra questi, il più importante e certamente rappresentato dall’Abbazia di Santa
Maria.
Abbazia Santa Maria di Cavour
Fondata nel secolo VIII o IX, probabilmente come Priorato Benedettino, l’Abbazia Santa Maria di Cavouroccupò l’area su cui verosimilmente
sorgeva un tempio pagano. Attorno al ’900 questa installazione primitiva subì la totale distruzione a opera forse
dei saraceni, ma fu restaurata nel 1037, come attesta l’atto di fondazione, per volere del vescovo torinese
Landolfo. Questi la dot" di numerosi poderi, nonché di alcuni villaggi dell’area pinerolese, tra cui
Pinasca. Dediti al lavoro e alla preghiera, i monaci bonificarono l’ampia zona circostante, organizzarono delle
colture e, soprattutto, costruirono un importante canale (il cosiddetto "Buco del Diavolo") che, prelevando
l’acqua dal Pellice, permetteva l’irrigazione delle campagne fra Cavour e Garzigliana.
Interni
Contesa dal vescovo di Torino e dal Monastero di San Michele della Chiusa, a partire dalla seconda metà del XIII
secolo l’abbazia inizi" a perdere gradualmente di importanza, fino a esser ridotta al rango di semplice commenda
abbaziale. Considerevolmente rimaneggiato nel XVIII e XIX secolo, il monumento evidenzia ancora oggi una splendida
cripta protocristiana, con altare ricavato probabilmente dal basamento di una colonna del tempio pagano preesistente.
Cripta
Nel complesso si possono sostanzialmente individuare tre epoche costruttive: 1) la chiesa landolfiana, in cripta,
con pianta a croce greca; caratterizzata da un ambiente centrale colonnato e 2 navatelle laterali in
laterizio; 2) Il campanile quattrocentesco, con 4 eleganti bifore nella sezione più elevata; 3) La seicentesca
chiesa ad unica navata, con cappelle laterali, dalla quale si accede alla cripta.
Complesso abbaziale
All’interno del recinto abbaziale è stato recentemente allestito un piccolo, ma significativo museo, ove sono
esposti i reperti romani ritrovati in tempi diversi a Cavour e nei dintorni. Tra questi, varie anfore di
diverso genere, tombe il laterizio, lastre tombali con epigrafi e bassorilievi, arredi funerari.
Museo di reperti origine romana a Cavour
Alla base della rocca, sul versante est, a breve distanza dell’abbazia, è anche collocata una fra le più
importanti incisioni post-paleolitiche del Pinerolese: la cosiddetta "Péra d’Ia Pansa". Si tratta di un
curiosissimo bassorilievo, ricavato su una grande roccia, che ricorda una pancia tondeggiante con l’ombelico
in evidenza. Del monumento si conoscono pochissimi particolari, ma secondo alcuni studiosi locali potrebbe
rappresentare la dea celtica della fecondità e risalire alla pri"ma età neolitica. Allo stesso periodo
(IV millennio a.C), dovrebbe risalire anche la pittura parietale di tipo geometrico schematico scoperta nel
1983 dai ricercatori del Museo d’Arte preistorica di Pinerolo in un piccolo spiazzo antropomorfa di colore
ocra, ma risulta tuttavia di difficilissima interpretazione. Altre importanti testimonianze si incontrano
sulla sommità del rilievo. Tra queste, i resti della Torre di Bramafam e del Castello dei signori di
Piossasco. I ruderi della prima si trovano sulla vetta orientale, in condizione di abbandono, e sono coevi
alla costruzione delle mura di epoca medioevale, di cui esistono ancora alcuni frammenti poco più in basso
della torre medesima. Inglobata dalle mura stesse, la Torre di Bramafam era un semplice punto di
avvistamento. Più importante è invece la storia del castello, di cui oggi si possono osservare pochi brandelli
di muro sulla cima occidentale. Nel 1592, l’edificio fu interessato dalla guerra per il Marchesato di Saluzzo
tra Enrico IV ed Emanuele I di Savoia, precisamente durante la presa di Cavour da parte delle milizie del
generale Lesdiguéres. Di maggior Piemonte) al Re Sole. Il 17 agosto, le truppe di Vittorio Amedeo II di
Savoia, forti di 15.000 uomini (in parte austriaci), ingaggiarono una battaglia presso Staffarda contro i
12.000 francesi del generale Catinat. Con una manovra aggirante e un massiccio uso di artiglierie, l’abile
condottiero transalpino riuscì a mettere fuori combattimento 4.000 avversari, costringendo Vittorio Amedeo
alla fuga e segnando una delle sue più gravi sconfitte. Segnalato con minor frequenza dalle cronache locali,
è però il fatto che, nei giorni precedenti lo scontro, i soldati di Luigi XIV, ponendo il campo a Cavour,
si abbandonarono a indicibili barbarie verso il borgo e i suoi abitanti, massacrando la popolazione, incendiando
e devastando. I resti delle vittime del massacro di Catinat sono custodite in una fossa sotto il basamento
del piccolo tempio eretto nella prima metà del `900 sulla cima della rocca. Un riferimento d’obbligo va fatto
ai resti delle mura medievali visibili sul fianco est della rocca, che tanta parte ebbero nell’ostacolare i
soldati del citato generale Lesdiguéres. E così alle svariate grotte che si aprono nel bosco, sul versante
nord-ovest del rilievo, tra cui la cosiddetta "Balma Pairet", detta anche "Cà ed Peirét", dal nome dell’eremita
che si dice abitasse la grotta fino agli inizi del `900. E i singolari graffiti incisi su una liscia parete
verticale poco sotto la cima occidentale del rilievo, dove, tra semplici nomi scolpiti con fogge e grafie
assai diverse, si individuano con chiarezza incisioni risalenti al XVIII secolo. Un ultimo accenno merita
infine la piazza della Parrocchiale, dove si concentra in pochi metri quadrati un bel pezzo di storia
cittadina. In primis è da citare la bella fontana posta ai piedi della cosiddetta "Scala Santa". Sebbene
recente (XIX secolo) la fontana è stata edificata con l’utilizzo di elementi lapidei risalenti al periodo
imperiale (i piedi della vasca), sull’area in cui un tempo esistevano con molta probabilità le terme edificate
da Asprilla. Una lapide rinvenuta sul posto nel 1552 (oggi murata a Torino in un palazzo di via Po già sede
di facoltà universitarie) ricorda in effetti: "A.M.P. secunda. Aspri / ...inica divae Drusillae / ...um et
piscinam solo suo / ...icipibus suis dedit" (Azzia, seconda figlia di Marco, moglie di Aspro, sacerdotessa
della Dea Drusilla, costruì questo bagno e la piscina, nel suo terreno, per i suoi concittadini). Nel vicino,
e mal ridotto, Palazzo Acaja, invece, nel 1561 venne firmata una storica pace tra valdesi e Savoia. La prima
pace in cui si riconosceva in qualche modo ai protestanti il diritto di vivere nelle valli pinerolesi. A poca
distanza, in piazza Sforzini, un’ultima curiosità: sotto il porticato del Foro Boario è tuttora visibile
la "Pietra della Vergogna", alla quale venivano legati e lasciati alla pubblica derisione i rei di frodi contro
il patrimonio. I resti della antica gogna sono facilmente riconoscibili, perché siti presso l’epigrafe che
ricorda l’edificazione del porticato medesimo.
L’abbazia e l’annesso piccolo museo sono visitabili tutte le domeniche pomeriggio.
Accesso: L’Abbazia di S. Maria, sorge all’ingresso meridionale di Cavour e si raggiunge attraverso la direttrice
Torino - Pinerolo - (A 55) e Pinerolo - Saluzzo (SS. 589 del Laghi di Avigliana). Una dozzina di Km dopo Pinerolo
si incontra Cavour che va superato in direzione Saluzzo. La chiesa si trova all’uscita del paese (Km 40 da Torino).
La Rocca: un luogo di osservazione storica e naturalistica
La Rocca, oltre che un luogo adatto alla pratica dell’escursionismo, si rivela anche un biotopo di notevole interesse e per questo motivo la sua vegetazione presenta notevoli singolarità. Le diverse esposizioni dei suoi versanti e la sua quota, più elevata rispetto alla pianura, favoriscono infatti l’esistenza di microclimi diversi che permettono al naturalista di identificare specie botaniche assai significative. Sul versante Sud dell’asperità, ad esempio, nelle zone rocciose meglio esposte fiorisce abbondantissimo il cappero (Capparis spinosa), rilevabile nei dintorni solo sui pendii meridionali della collina pinerolese di S. Maurizio (sotto il Convento della Visitazione), mentre fra la vegetazione ad alto fusto di un certo pregio, spicca la betulla penduta (Betula pendula), il pino au"striaco (Pinus nigra) ed il pino americano (Pinus strobus) evidentemente di allogena derivazione. Assieme alle piante tipicamente mediterranee come il cappero e il fico, sui pendii collocati a Nord sono osservabili folte colonie di arbusti dalle caratteristiche marcatamente alpine come il mirtillo (Vaccinum myrtillus), il sambuco (Sambucus nigra) o il nocciolo (Corylus avellana), mentre negli anfratti umidi fanno bella mostra di sé la campanula (Campanula elatines) e l’acetosella (Oxalis acetosella). La vegetazione della pianura, infine, è rappresentata dalla farnia (Quercus pedunculata), dalla robinia (Robinia pseudoacacia) e dalla vitalba (Clematis vitalba) Anche dal punto di vista storico, come già segnalato, il luogo risulta di significativo interesse. La posizione isolata del rilievo, infatti, permette un’osservazione a 360" della pianura circostante, compresa tra i grandi centri di Saluzzo e Pinerolo.È così che dalla vetta più alta, volgendo lo sguardo a Sud-Ovest e Nord-Est ed osservando le campagne circostanti, non potrà sfuggire come esse rivelino ancora un impianto tipica"mente romano, determinato dalla dimensione di vari campi e dall’incrociarsi ad angolo retto di alcune strade perfettamente rettilinee. Ci" deriva evidente"mente da una colonizzazione latina imperniata su un tipo di catasto denominato "centuriazione". Allo scopo di esportare la civiltà nelle province più lontane, infatti, i Romani solevano assegnare, ai legionari che lasciavano l’e"sercito per raggiunti limiti di età, un podere delle dimensioni di I heredium (m 35,5x35,5), quasi sempre lontano dalla capitale. La centuria era quindi composta da 100 possessori di altrettanti heredium e disposta attorno a due strade, generalmente tracciate secondo gli assi Nord-Sud (Cardines) ed Est-Ovest (Decumani). Nonostante ci" il paesaggio si presentava a campi aperti, poiché le siepi, i muretti e gli steccati venivano usati per circoscrivere l’intera centuria e non la singola parcella. Sull’estrema propaggine Est della Rocca, in una zona caratterizzata da grandi affioramenti rocciosi, sono ancora visibili numerose incisioni rupestri a coppella, risalenti al periodi di antropizzazione celto-ligure della zona. Ancora una curiosità: a proposito del torrione detto di "Bramafam", di cui rimangono in piedi miseri resti sulla cima del rilievo, esiste una curiosa leggenda secondo cui un gigante di nome Bram os" far adirare Giove, il padre degli Dei. Zeus, per punirlo stacc" la cima di un monte e la pose su di lui, nel centro della pianura. La grande roccia era però cava, sicché il gigante ne rimase imprigionato. Per secoli, si narra, egli url" a gran voce "Bram ha fame" e questo fu il motivo per cui la torre che sorse sulla cima della collina assunse tale nome.
Emanuele Filiberto e la pace di Cavour
Cavour riveste anche una grande importanza nella storia religiosa del Piemonte, in quanto nel XVI sec. fu
sede della prima storica pace siglata tra i duchi di Savoia ed i protestanti che popolavano le valli pinerolesi,
pace che veniva a seguito di alcune campagne antivaldesi perpetrate dalle milizie sabaude e che certamente non
pose fine a tali operazioni. Fu tuttavia un primo passo verso la conciliazione, che non avvenne prima della
metà del XIX secolo, con la concessione delle Regie Patenti di Carlo Alberto.
La Riforma protestante del 1517 e l’atto di adesione ad essa, che la Chiesa valdese sottoscrisse nel 1532,
incise profondamente sull’intero sviluppo del valdismo, legandolo agli altri movimenti ereticali del nord e
centro Europa; non solo alla confessione luterana, ma anche a quella calvinista di Calvino e Zwingli. Con
il Sinodo di Chanforan, infatti, tenutosi ad Angrogna nel 1532 i Valdesi aderirono a questi movimenti,
deliberando di dare alle stampe una versione della Bibbia tradotta in francese da Pietro Robert, detto Olivetani).
Tale adesione venne ad aggravare ulteriormente la posizione dei protestanti piemontesi e francesi, che a
differenza dei loro correligionari tedeschi e svizzeri non potevano godere dell’appoggio dei principi, ma
anzi erano da questi perseguitati. Tra il 1528 ed il 1561, infatti, sui due versanti delle Alpi Occidentali
si registrarono due ferocissime persecuzioni, dirette contro gli eretici della Provenza e del Piemonte, nelle
quali furono coinvolte, oltre il Delfinato, le valli Pellice, Germanasca e del basso Chisone, a quei tempi
in mano sabauda. Tutto cominci" quando, su esortazione del papa Pio IV, Emanuele Filiberto di Savoia mand"
nel novembre del 1560 il conte Costa della Trinità ad attaccare la Val d’Angrogna con l’intento di liberarla
dalla forte presenza valdese. Dopo un primo tentativo ed alcune trattative fallite, nelle quali emersero la
doppiezza ed il malanimo del conte, i protestanti decisero la difesa ad oltranza della loro terra e quindi
chiesero per questo motivo aiuto ai loro correligionari del Pragelatese e anche a quelli del Delfinato.
Le azioni del Costa furono tutte dirette alla conquista di Pra del Torno, ma le difese predisposte dagli
abitanti della località si rivelarono ben presto inespugnabili per quanto organizzate da gente male armata e
digiuna di tattica militare. Dopo una breve tregua ed alcune trattative intavolate dal conte della Trinità
soltanto per attirare gli avversari in un tranello, le truppe sabaude assalirono ancora la Val d’Angrogna
massacrando gli abitanti di Tagliaretto, e sferrando un attacco alla Rocciaglia, località posta nei pressi di
Pra del Torno. Qui però furono respinti e messi in fuga dagli enormi massi che i Valdesi fecero precipitare dal
costone montuoso ed inseguiti fino alle porte di Torre Pellice. A conclusione di questo conflitto gli aderenti
alla fede riformata ottennero un insperato successo, imponendo al duca di Savoia la Pace di Cavour (5 giugno
1560, con la quale si assicurava loro la libertà di culto, per quanto limitata alle zone più elevate della Val
Pellice.
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Testo e foto di Gian Vittorio Avondo. Pubblicato il 24.01.2020

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