Sinodo delle chiese valdesi e metodiste 1998
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
II. I Rapporti Con Le Chiese Ortodosse
III. I Rapporti Con La Chiesa Cattolica Romana
- Ciò Che Unisce Protestanti E Cattolici Romani
- Ciò Che Divide Protestanti E Cattolici Romani
IV. La Nostra Proposta Ecumenica
V. I Rapporti Con L’Ebraismo
VI. I Rapporti Con L’Islam
VII. I Rapporti Con Le Altre Religioni
L’ECUMENISMO E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
Preambolo
1. Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, ricordando che le
chiese che in esso si esprimono salutarono a suo tempo con gioia la
nascita del movimento ecumenico, ravvisandovi una iniziativa dello
Spirito Santo, e vi presero parte fin dall’inizio, prima ancora
della creazione (nel 1948) del Consiglio Ecumenico delle Chiese e,
in maniera più organica e continuativa, a partire dalla sua
creazione, ribadisce la sua ferma volontà ecumenica e il suo
desiderio di vivere l’ecumenismo in tutta la sua ampiezza.
Perciò ripropone le ragioni di fede che suscitano e
orientano il suo impegno in questo campo.
2. La Chiesa di Gesù Cristo è una, cioè unica
(un corpo unico, un unico Spirito, un’rsquo;unica speranza, un solo
Signore, una sola fede, un solo battesimo, un Dio unico e Padre di
tutti, Efesini 4,4-6) e unita in se stessa (noi che siamo molti,
siamo un corpo unico 1 Corinzi 10,17). L’unità è dono
di Dio Padre, realizzata in Gesù Cristo e manifestata dallo
Spirito Santo, che è unico ma si esprime in una mirabile
diversità di doni (1 Corinzi 12,4). La Chiesa è una,
come è santa, cattolica o universale, e apostolica.
L’unità appartiene all’essenza della Chiesa, non è un
dato secondario da cui si possa prescindere. Non si può
dividere la Chiesa o moltiplicarla. Nel corso della sua storia
però la cristianità si è divisa più
volte e in più modi. Malgrado queste divisioni, la coscienza
che la Chiesa è una non ha potuto essere cancellata. La
Chiesa Evangelica Valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste)
si comprende come un’rsquo;espressione dell’unica Chiesa di Gesù
Cristo.
3. La Chiesa è unita anche con Israele, nell’unico patto con
il suo popolo che Dio non ha mai disdetto (Romani 11,29). Nel corso
dei secoli la coscienza di questa appartenenza, costitutiva
dell’identità della Chiesa, è andata perdendosi. Il
rapporto della Chiesa con Israele è parte integrante
dell’orizzonte ecumenico. 4. La varietà e la
diversità fanno parte della natura stessa della Chiesa una
in quanto sono costitutive dell’umano. Dio è
trinitario e crea un’umanità plurale; dimenticarlo
porta all’idolatria. Quando la Parola di Dio risuona nella
testimonianza umana parla a più voci. La Bibbia si apre con
due racconti della creazione, il Nuovo Testamento con quattro
Evangeli. Lo stesso Nuovo Testamento esprime varie concezioni di
chiesa, una pluralità di teologie, una p luralità di
posizioni etiche. Queste diversità (e altre che si possono
aggiungere) sono reali, non apparenti, e non escludono un confronto
reciproco e una vera e propria tensione. Esse illustrano i
molteplici aspetti di una stessa e unica realtà: la
rivelazione di Dio in Gesù Cristo, attestata nella Sacra
Scrittura. L’unità cristiana esiste solo attraverso la
diversità. L’uniformità contraddice l’azione dello
Spirito Santo, che si manifesta nella varietà dei doni.
Oltre alle diversità dovute alla straordinaria ricchezza di
espressioni dell’unico Evangelo cristiano, ve ne sono altre che
dipendono dalle situazioni storiche e dai contesti culturali in cui
le chiese sono nate e si sono sviluppate. Neppure queste
differenze, nella misura in cui non contraddicono l’Evangelo ma al
contrario servono meglio a esplicitarlo nei diversi spazi umani ai
quali è destinato, ledono l’unità della Chiesa, anzi
concorrono ad arricchirla ulteriormente.
5. La Chiesa, nella varietà delle sue espressioni, è
però anche divisa. Non Cristo è diviso (1 Corinzi
1,13) e neppure la Chiesa come corpo di Cristo, che è e
resta uno, pur avendo molte membra (1 Corinzi 12,12). E' la Chiesa
come realtà umana e storica a essere divisa, in
contraddizione con la fede di tutti i cristiani che confessano la
Chiesa una. In realtà la storia della divisione cristiana
è quasi tanto antica quanto quella della sua unità.
Le ragioni della divisione sono molteplici: dottrinali,
disciplinari, morali; un peso rilevante l’hanno avuto, in svariate
circostanze, questioni di potere. Il risultato è che nel
corso dei secoli molte chiese si sono reciprocamente scomunicate,
considerandosi a vicenda infedeli a Cristo e oggi ancora continuano
a condurre esistenze parallele, ignorandosi o facendosi più
o meno apertamente concorrenza. Benché tutte intendano
annunziare Gesù Cristo, lo intendono in modi così
diversi ed esclusivi da dar luogo a comunità contrapposte.
E' vero - e non va dimenticato - che secondo l’Evangelo non ogni
divisione è negativa, anzi ve ne sono anche di necessarie
(Luca 12,51; 1 Corinzi 11,19; 2 Corinzi 6,14-19). Vi sono infatti
nel mondo e anche nelle chiese forme di unità che la Parola
di Dio non può non mettere in questione e spezzare. In
questo senso alcune divisioni accadute nel corso della storia della
Chiesa non sono state altro che la crisi di un’rsquo;unità che non
era propriamente cristiana, e hanno inteso manifestare l’esigenza
di un’rsquo;unità più autentica. Anche in questa tensione
di fedeltà alla verità evangelica la divisione non
può comunque essere vissuta con soddisfatta sicurezza,
bensì come doloroso riflesso di un’rsquo;infedeltà.
6. Le chiese che, pur vivendo nella divisione, confessano
l’unità della Chiesa di Cristo e sinceramente desiderano
manifestarla, partecipano al movimento ecumenico grazie al quale
sono uscite, in tempi e modi diversi, dal loro secolare isolamento
e hanno iniziato un cammino di pentimento e rinnovamento che
dovrà condurle, come e quando Dio vorrà, alla meta
della piena comunione, che sta davanti a loro come promessa e come
dono. Si comincia a dialogare e a conoscersi, lentamente si
dissolvono pregiudizi e risentimenti, avversioni e diffidenze, fino
a scoprire una fraternità possibile e cominciare a viverla
almeno per frammenti. Cammin facendo, s'impara ad accogliersi gli
uni gli altri, come Cristo ci ha accolti (Romani 15,7); ci si
sforza di mettere al centro del rapporto il Signore stesso -
perché è Lui che ci unisce -, l’ascolto del la sua
Parola, l’esempio della sua vita, la forza della sua risurrezione,
e di rimuovere tutto ciò che, dentro di noi e intorno a noi,
ci allontana da lui. Le ragioni di fondo e le esperienze delle
divisioni, certo, permangono, e l’ecumenismo autentico non le
ignora e non ne banalizza la portata, ma le assume invece in un
dialogo fraterno, alla luce della Parola di Dio nel quale è
dato di cogliere un inizio di comunione, reale anche se parziale,
su vari punti. Pur sapendosi divisi, si comincia a pensare che i
frammenti di comunione ritrovata potrebbero moltiplicarsi e
diventare più grandi. Non solo, ma incontrando altre chiese
e tradizioni cristiane si scopre che nessuna chiesa (a cominciare
dalla propria) esaurisce la pienezza di Dio (Efesini 3,19) e
dell’Evangelo: Dio e l’Evangelo restano più grandi di ogni
chiesa e di tutte le chiese insieme; si scopre inoltre che ogni
chiesa (a cominciare dalla propria) ha limiti, difetti e peccati,
per cui vale anche nei rapporti tra le chiese l’invito di
Gesù a non voler togliere la pagliuzza dall’occhio di altri
mentre una trave è nell’occhio proprio (Matteo 7,4); si
scopre infine che ogni chiesa (anche la propria) ha uno o
più doni di Dio, una esperienza di fede e molte altre cose
da condividere con le altre; è nello scambio dei doni e
delle esperienze, ma anche degli interrogativi critici e delle
ammonizioni fraterne, che si vive e si cresce ecumenicamente e si
costruisce, con pazienza e perseveranza, la piena comunione di
tutte le chiese. Questa unità cercata e attesa non è
però fine a se stessa: l’esigenza unitaria, nata dalla
missione, è in funzione della missione. La promessa
più grande che accompagna il movimento ecumenico è
che il mondo creda (Giovanni 17,21). Questa promessa è la
ragione principale che impone a ogni credente e a ogni chiesa di
partecipare intensamente all’avventura ecumenica.
7. Il Sinodo individua per le nostre chiese in Italia livelli
diversi di rapporti, ciascuno con caratteristiche proprie: da una
parte l’ecumenismo con le altre chiese evangeliche, con le chiese
ortodosse e con la Chiesa cattolica romana, tutte legate dalla
comune fede in Cristo; dall’altra il dialogo con l’ebraismo, che
costituisce la nostra comune matrice storico e teologica; poi il
dialogo con l’Islam, al quale siamo tutti legati dalla condivisa
ascendenza abramitica; ed infine il dialogo con le altre religioni,
nel rispetto delle diverse identità e delle proposte di cui
sono portatrici. Non affrontiamo in questo documento le tematiche
relative ad altre realtà religiose (come per es. i Testimoni
di Geova, i Mormoni, Christian Science, ed altri) sebbene sia
urgente avviare lo studio anche di queste realtà.
I. I Rapporti Con Le Altre Chiese Evangeliche
II. I Rapporti Con Le Chiese Ortodosse
III. I Rapporti Con La Chiesa Cattolica Romana
- Ciò Che Unisce Protestanti E Cattolici Romani
- Ciò Che Divide Protestanti E Cattolici Romani
IV. La Nostra Proposta Ecumenica
V. I Rapporti Con L’Ebraismo
VI. I Rapporti Con L’Islam
VII. I Rapporti Con Le Altre Religioni

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