Starez Silvano del Monte Athos

Lo starez Silvano spesso ricordava come da bambino
sentì un libraio ateo affermare che Dio non esiste e che
tutto è una invenzione, bugie dei preti. "Dov'è
questo Dio?" - chiese il libraio al padre del piccolo Simeone, nome
temporale del nostro starez. Mentre il padre taceva il figlio
pensava: "E' vero, dov'è Dio? Quando crescerò,
comincerò a cercarLo…"
Così l’incontro con questo ateo diventò uno degli
eventi più importanti della vita di Simeone. Cercò
Dio fino alla fina della vita, tendeva a Lui, lasciando tutto il
resto; pensava che tutto fosse polvere, davanti ai tesori del Regno
Celeste.
Lo starez era molto umile e mite, diceva che aveva preso dal padre
ma che non era mai riuscito a raggiungere i suoi livelli.
Simeone era un bambino molto forte fisicamente. Viveva normalmente
come tutti i ragazzi del villaggio. Gli piaceva uscire, incontrare
gli amici, poteva alzare grandi pesi, poteva fare lavori difficili.
Ma una volta la sua forza gli procurò un guaio. In una festa
incontrò un calzolaio, un ragazzo molto forte. Il ragazzo
era ubriaco e cominciò ad offendere Simeone. Simeone non
voleva rispondere, ma dopo un po’, pensò che se non avesse
reagito anche gli altri ragazzi avrebbero cominciato a burlarsi di
lui, e così in un attacco di collera diede al calzolaio un
pugno sul petto. Quello cadde a terra e si fece molto male. Il
colpo fu così forte che dalla sua bocca uscì sangue.
Per due mesi il calzolaio rimase grave tra la vita e la morte senza
mai potersi alzare. Questo caso impressionò Simeone
profondamente. La coscienza del peccato non gli lasciava pace. Dopo
aver finito il servizio nell’esercito Simeone andò da
Giovanni di Kronshtadt per ottenere la benedizione per diventare
monaco. Quando giunse, Giovanni non c'era; Simeone non si arrese e
chiese la benedizione con un messaggio scritto su un foglietto di
carta ma già il giorno dopo sentì che attorno a lui
"ronzava la fiamma dell’inferno". Dopo la preghiera del santo di
Kronshtadt questo ronzio non lasciava il ragazzo in pace, né
sulla via del Monte Athos ma neanche più tardi nel
monastero.
La prima cosa che chiese il novizio giunto alla Santa Montagna fu
la confessione. Prima di confessarsi si rinchiuse alcuni giorni
nella sua cella per l’esame di coscienza, secondo le usanze. Dopo
la confessione il padre spirituale gli disse: "Rallegrati
perché tutti i tuoi peccati sono perdonati da Dio. Adesso
sei sul pontile della salvezza, iniziala nuova vita". Simeone
allegro per la notizia della salvezza si diede tutto a questo
sentimento nuovo. La tensione passò, si sentì
rilassato. Ma ben presto la sua mente fu piena di immagini del
mondo, e molti pensieri sessuali lo molestavano. "Sposati, - gli
diceva il demonio - vivi come tutti. Sei ancora giovane, il meglio
non è ancora venuto".
Andò a confessarsi di nuovo ma il padre spirituale gli
ordinò di non cominciare la conversione dai pensieri, di
lasciarli perdere. Simeone fu molto meravigliato. Inesperto pensava
che il convento fosse un posto sicuro dove poter vivere tranquillo
in una vita spirituale, ma il nemico agiva anche all’interno del
monastero ed con maggior forza di quando era nel mondo, anche in un
santo monastero si poteva fare un grandissimo fallimento. Allora i
pensieri cominciarono a spingerlo verso il deserto, solo nella
clausura e nella totale solitudine - gli diceva il demonio - potrai
ricevere la salvezza. Ma Simeone, obbedendo al padre spirituale si
disse: "Il pensiero mi cacciava prima nel mondo, adesso nel
deserto. Ma non lo ascolto. Meglio morire qua per i miei peccati".
Rimase nel monastero e vinse il demonio.
Nella nuova vita monastica amò più di tutto la
preghiera di Gesù.
Simeone pregava tanto conoscendo la sua debolezza e presto
ricevette il grandissimo dono della preghiera continua, gli apparve
la Santissima Madre di Dio dopo di che la preghiera continua
cominciò a scaturirgli dal cuore. Non immaginava nemmeno che
questo dono raramente Dio lo dava a novizi così presto.. Al
novizio
Ma subito dopo nella sua cella cominciarono ad apparire i demoni. A
volte i demoni gli dicevano che lui era santo e che non doveva
più lavorare, a volte invece lo riempivano di angoscia
dicendo che non si sarebbe mai salvato. Dormiva poco, sedendo sulla
sedia, una o due ore al giorno, ma nello stesso tempo lavorava
tanto, portando pesantissimi sacchi di farina del mulino. La
tensione della vita spirituale sembrava crescere senza fine. Il
demonio lo provava proprio fino al limite delle sue forze,
specialmente una volta quando, dopo una giornata di lavoro
particolarmente pesante, Simeone chiuso nella sua cella
arrivò quasi alla disperazione e pensò: "Non si
può ricevere la misericordia da Dio". E la sua anima si
riempì di una terribile sofferenza e di angoscianti pensieri
dell’inferno. Quello stesso giorno, durante i vespri gli apparve il
Signore e riempì la sua anima con il fuoco della Sua
benedizione. Scrisse Silvano che quando Dio appare ad una anima
essa non può riconoscere il suo Creatore e il suo Dio. Il
rumore del fuoco dell’inferno lasciò subito il santo ed egli
vide una Luce non fatta dall’uomo e fece l’esperienza che i suoi
peccati erano veramente cancellati, ciò lo riempì di
un grande amore verso tutte le persone. La sua anima pregò
per tutto il mondo. La grazia di Dio non rimase con lui per sempre,
questa azione forte a volte si indeboliva, ma il santo
continuò a lottare sempre. Un biografo dello starez dice che
il santo a volte aveva la sensazione di essere lasciato da Dio; la
lotta con i demoni continuava mentre le apparizioni della grazia di
Dio erano rare e non duravano molto. Così continuò
per 15 anni. Ma ad un uomo che ha visto "la Luce dell’esistenza
prima dell’inizio dei tempi", che ha sperimentato "la dolcezza e la
pienezza dell’amore di Dio", non resta più niente nel mondo
che lo possa attirare. Tendeva al paradiso con tutte le forze della
sua anima e le forze dell’inferno si alzarono per impedirglielo.
Una volta Silvano durante il servizio notturno voleva fare un
inchino fino a terra davanti all’icona del Salvatore, ma
improvvisamente vide davanti a se la figura del diavolo che
aspettava che gli si inchinasse davanti. "Signore, cosa fare?" -
gridò Silvano- subito sentì nel suo cuore la
risposta: "I superbi sempre soffrono per la presenza del demonio.
Tieni il tuo intelletto nell’inferno e non disperarti". La
rivelazione di Dio fu ravvivante per Silvano. Da quel momento
spesso ripeteva: "Presto muoio e la mia anima crudele
scenderà nell’inferno nero, lì soffrirò solo
nel fuoco e piangerò senza il Signore: dove sei, Luce della
mia anima? Perché mi hai abbandonato? Non posso vivere senza
di Te."
Da quel momento la grazia stava sempre nel cuore del santo.
Però lo stesso la sua presenza non era completa. Ancora per
15 anni pianse quando l’azione della grazia di Dio si indeboliva, e
solo alla fine di questi 15 anni ricevette la forza di combattere
lo slancio del nemico solo con un movimento della mente. Allora
Silvano cominciò a contristarsi per il mondo che non
conosceva Dio, e la preghiera più importante per lui
diventò quella per la gente. "Pregare per la gente vuol dire
grondare sangue", diceva. Fino agli ultimi giorni della sua vita
diceva a tutti i vicini: "Pregate per il popolo di Dio, amate il
popolo di Dio".
La cosa più preziosa nel pensiero dello starez era
certamente la teologia dogmatica. Non amava leggere perché
la lettura impediva la preghiera che che gli scaturiva dal cuorema
gli piaceva molto ascoltare i monaci che durante il servizio
leggevano i santi padri, come era usnza al Monte Athos, così
lo starez apprendeva e sembrava una persona che aveva letto tanto.
L’Archimandrita Sofroni (Saharov) parlando di questa
particolarità un po’ strana del carattere di Silvano spiega
che lo starez ebbe un’esperienza in comune con i santi padri e
perciò si memorizzava molto facilmente tante cose delle
opere dei santi padri e sene ricordava a lungo. Ma questa
esperienza della santità gli permetteva di capire, concepire
e ricordare tante cose come se fosse frutto della sua esperienza.
Lo starez insegnava che nella vita del cristiano verso la
santità ci sono tre tappe: la prima è il dono della
grazia, la seconda è la perdita di essa e la terza consiste
nel ricevere nuovamente la grazia grazie all’umiltà. Tanti
hanno ricevuto la prima grazia ma nessuno non l’ha tenuta per
sempre. E pochi l’hanno meritata di nuovo, ma solo questi hanno una
vera visione spirituale. L’umiltà è la parola chiave
nel pensiero dello starez. Tramite l’umiltà si merita la
grazia e vice versa tramite la superbia la si perde. "La terra
viene bucata dall’uomo con il ferro per poter ricavare il petrolio
dal suo seno - diceva lo starez - e raggiunge lo scopo. Il cielo
viene bucato dall’uomo con la mente per poter rubare la fiamma
Divina, ma viene rifiutato da Dio per la superbia." Nela lotta con
la superbia uno deve combattere fino al sangue. Nel cammino verso
la piena beatitudine, che è stare alla presenza del Padre,
ad ogni uomo spettano molte tentazioni delle quali l’ultima
è la sensazione di essere abbandonati da Dio. Il nostro
starez sofrì tanto nella lotta contro il nemico dell’uomo. A
volte diceva: "Il Signore lascia il Suo servo a fare la lotta
mentre Lui lo sta a guardare come guardava Antonio il Grande mentre
litigava con i demoni. Nell’agiologia di St. Antonio si dice che
visse nella tomba, lì i demoni sentilo picchiarono fino a
fargli perdere i sensi… Completamente malato lui non poteva
stare in piedi, ma anche disteso continuava a pregare. Così
i demoni tornarono a percuoterlo duramente, e mentre soffriva
terribili dolori alzò gli occhi al cielo, vide una luce e
subito riconobbe l’apparizione del Signore, disse: "Dove eri
Gesù misericordioso quando i miei nemici mi picchiavano?".
Il Signore gli rispose: "Ero qua, Antonio, e guardavo il tuo
coraggio."
Lo starez insegnava che in ogni tentazione il Signore è
vicino a noi e vede la nostra lotta, perciò bisogna essere
coraggiosi e non avere paura per poter ricevere da Lui la corona.
Il cammino del nostro santo è veramente meraviglioso. Uno
dei biografi dello starez dice: "Qualsiasi vita cristiana
guardiamo, vediamo che è assolutamente contraria ad una vita
umana normale. È piena di strani paradossi. Un cristiano nel
suo cuore si umilia fino alla fine, nella sua mente scende "fino
all’ultima creatura" e tramite questa umiltà viene innalzato
a Dio e diventa superiore a tutte le creature… tramite
Cristo che ritrova in se stesso ma in un modo già diverso,
diventando "legato a Lui in un’ unione d’amore" per tutta
l’eternità… Rifiutando, rompendo i legami, "odiando"
tutto, il cristiano riceve il dono dell’amore eterna verso tutto e
tutti…" Lo starez Silvano morì il 24 settembre 1938.
Da vivo pochi pensavano che fosse un santo. Non è strano.
"Prima della morte non letificare nessuno", dicono sull’Athos, e lo
starez stesso imparò l’abitudine della Montagna Santa di
comportarsi in modo da non far vedere i propri grandissimi doni
spirituali.

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